
Si ritiene utile iniziare questa breve disamina dell’attuale impatto ecologico e paesaggistico – nonché del potenziale aumento del rischio idrogeologico – causata in Val Badia e più in generale nel settore orientale della Provincia autonoma di Bolzano dall’epidemia di bostrico tipografo Ips typographus, partendo dal dire “chi é” e “cosa fa” questo piccolo animale.
Si tratta di un insetto xilofago, esattamente di un coleottero scolitide volatore, lungo da adulto neanche mezzo centimetro. Il suo mestiere è quello di scavare reti di gallerie a raggiera sotto la corteccia in particolar modo dell’abete rosso, in corrispondenza della regione del cambio. Così facendo interrompe – per vari motivi – il flusso della linfa, che invece risulta essenziale per la sopravvivenza dell’albero.
Messa in questo modo verrebbe da chiedersi: può un insettino così piccolo creare così grandi danni all’ecosistema, aumentando potenzialmente persino l’instabilità dei versanti?? La risposta sintetica è: purtroppo sì.

Generalmente è la femmina adulta a portare il primo attacco, praticando un buco d’entrata sull’esterno della corteccia, mentre il maschio elimina i residui. Una volta sotto alla corteccia, sempre il maschio ricava la camera nuziale utile all’accoppiamento con più femmine, dalla quale queste ultime iniziano a scavare una propria galleria deponendo uova ad intervalli. Quando pronte, le larve scavano a loro volta ulteriori gallerie – dando così concretezza ai caratteristici disegni sotto corteccia – si impupano e una volta adulte s’involano dai fori di uscita, per ricominciare dunque il ciclo lo stesso anno (se le condizioni ambientali lo permettono), oppure la primavera successiva. Le piante attaccate giungono inevitabilmente a morte in breve tempo e quelle più soggette ad attacco sono quelle indebolite da eventi climatici o altre patologie, comunque sotto stress. Da evidenziare a questo proposito che in fase epidemica il bostrico tende a colonizzare anche piante sane.
Probabilmente la presenza di grandi quantitativi di alberi danneggiati dalla tempesta Vaia dell’ottobre 2018 ha permesso alla popolazione di Ips typographus, presente generalmente in forma endemica (ovvero costantemente presente, in modo relativamente stabile e prevedibile), di passare ad uno stato epidemico, ovvero di aumento spinto ed improvviso sia in termini quantitativi che di diffusione/dispersione.
Inverni poco rigidi (come è risultato essere quello 2021-22) ed estati molto calde e siccitose (come quella del 2022) giocano sicuramente a vantaggio del bostrico, che riesce a svernare senza troppi problemi e successivamente a riprodursi partendo da contingenti cospicui. Le piante che subiscono la colonizzazione del bostrico tipografo assumono ingiallimenti ed arrossamenti della chioma, che spesso partono dalla cima. Da notare che quando questa modifica è visibile vuol dire che vi è già stata la sciamatura.
Per rendersi conto di un focolaio sarà sufficiente individuare nuclei di 5-10 piante deperite, essiccate, che a loro volta hanno appunto già favorito l’infestazione di altre piante da parte di conspecifici. Dall’estate del 2022 sono rilevabili in Val Badia, ad esempio, interi versanti con neanche più un albero in buon stato vegetativo (si vedano immagini riportate nell’articolo). Migliore la situazione in Val Pusteria, ma c’è da chiedersi se – senza un inverno freddo – da primavera prossima si determinerà un peggioramento così come accaduto in Val Badia.

Rilevazioni svolte in passato in centro Europa hanno evidenziato che le pullulazioni dello scolitide durano mediamente 5-6 anni – con picchi al 2° e 3° anno – per rientrare gradualmente nello stato endemico. Ma tutto dipende, come accennato sopra, dalle condizioni ambientali, perché ad esempio in Val Badia, dove nel 2022 si è manifestata l’epidemia, si è a 4 anni dalla tempesta Vaia.
Una tale disfunzione ambientale, dovuta all’impatto ecologico e paesaggistico – nonché al potenziale aumento del rischio idrogeologico – causati dall’epidemia di bostrico tipografo Ips typographus sussistente nel settore orientale della Provincia autonoma di Bolzano, porta con sé conseguenze gravi per l’ecosistema. Partendo da considerazioni relative alla “estetica”, non si può non constatare come il paesaggio subisca una modificazione estremamente evidente: da distese di foreste dolomitiche verdi, lussureggianti, vitali, si è passati a versanti ingrigiti dalla moria di abeti e larici. Sotto il profilo ecologico invece vengono a mancare ettari ed ettari di habitat idoneo ad ungulati e carnivori, solo per citare due gruppi di mammiferi. Infine la capacità di consolidamento del versante data da boschi di protezione in ottimo stato vegetativo non è certo paragonabile con quella data da alberi morti, che anche se attualmente in piedi, nel prossimo futuro subiranno schianti e dunque potranno solo che contribuire all’instabilità dei versanti stessi, con conseguente aumento del rischio idrogeologico.
Gestione forestale, presa di coscienza del problema e prevenzione, contrasto ai parassiti, ripristino della natura attraverso rinaturazioni ed interventi di ingegneria naturalistica: sono queste le parole d’ordine che nei prossimi anni potranno riportare i boschi alto atesini del settore orientale – soprattutto quelli a ridosso delle Dolomiti – a riappropriarsi del loro inestimabile fascino e del ruolo di grandi contributori alla sicurezza delle valli alpine.