
Di recente la Provincia Autonoma di Trento ha pubblicato il rapporto di gestione faunistica sui Grandi Carnivori, pubblicato sulla base dei dati di campo relativi ad orsi e lupi raccolti nel corso del 2021. Detto rapporto stima la popolazione di orso bruno in circa cento individui. In base alle informazioni in possesso della Provincia Autonoma di Bolzano invece, cinque sono i maschi rilevati nella porzione sud-occidentale del proprio territorio. Per quanto riguarda il lupo, i branchi stimati in Trentino sono circa n. 26, in aumento rispetto all’anno precedente e con la maggior parte dei gruppi localizzati nel settore orientale della provincia. Questo dato conferma il trend di crescita della popolazione registrata nell’ultimo quadriennio, in quanto nel 2020 la stima era stata di 19 branchi, nel 2019 di 13 branchi e nel 2018 di 7 branchi.
A fronte delle consistenze citate, i danni imputati all’orso sono aumentati dell’8% rispetto al 2020, mentre quelli provocati dal lupo di ben il 60%. Con riferimento allo stesso anno (il 2021), la Provincia Autonoma di Bolzano dichiara la presenza di un numero minimo di oltre 30 individui entro i propri confini amministrativi. Segnala inoltre – sul sito web del Servizio Faunistico – predazioni frequentissime operate da lupo, almeno fino al mese di luglio 2022.
Se si pensa che fino a qualche anno fa le segnalazioni di lupo appena a sud del Brennero erano del tutto occasionali e dunque la sua presenza sporadica, appare ovvio constatare come i sudtirolesi si trovino ora di fronte ad uno scenario faunistico nuovo, forse mai sperimentato in precedenza. Probabilmente ci si troveranno sempre di più, visto il costante incremento registrato ad esempio nel confinante Trentino e lo status di carnivoro “superprotetto” di cui gode la specie a livello sia nazionale che europeo. Ecco dunque che nel mondo politico alto atesino si sono levate reazioni indirizzate a tutelare quei settori dell’economia provinciale potenzialmente più esposti ai danni causati dal lupo.
È il caso ad esempio dell’interrogazione presentata in Consiglio provinciale agli inizi di giugno dal Consigliere Franz Locher (SVP), la quale evidenzia quanto segue. “Nella primavera del 2022 sono già stati registrati in provincia alcuni casi di sbranamento, e che per l’estate ci si aspetta il peggio, tanto che verrebbe messa in discussione la conservazione delle malghe e dei masi di alta montagna“; nella medesima si chiede anche “se è stato elaborato un piano di gestione per rendere le zone sensibili territori senza lupi come richiesto con la mozione 114 del 2019, quali misure sono state intraprese per permettere all’Alto Adige di poter prelevare esemplari di lupi e ibridi e a cosa hanno portato, chi ha fatto richiesta affinché l’UE modifichi la Direttiva Fauna e Flora, come si intende sfruttare la possibilità, concessa da Roma nell’agosto scorso, di intervenire autonomamente e come intende intervenire la Giunta affinché a lungo termine l’Alto Adige diventi zona senza lupi” (per chi volesse approfondire, qui una sintesi ufficiale della traduzione (al terzo paragrafo).
Risultando ragionevole e sensata la sollecitazione riferita ad un eventuale piano di gestione degli ibridi (il quale dovrebbe però essere preceduto da uno specifico monitoraggio pluriennale, visto che per il 2021 la Provincia dichiara la presenza di soli 18 genotipi rilevati sul proprio territorio, di cui neanche un ibrido) non si comprende come possa l’Alto Adige divenire “a lungo termine zona senza lupi”.
Senza bisogno di ricordare i molteplici livelli di protezione di cui gode la specie infatti, è importante tener presente che il lupo è un superpredatore al vertice della catena alimentare, garante della regolazione ecologica delle popolazioni-preda, e quindi del loro buon stato di conservazione. La sua presenza non può che segnalare un ecosistema in salute.
L’unica strada percorribile nell’ambito dell’avvio della gestione faunistica di lupi ed orsi appare essere quella dell’accettazione della presenza e dunque della convivenza pacifica uomo-grandi carnivori. Presupposti fondati anche sulle contestuali azioni di prevenzione danni su larga scala e sul giusto risarcimento nel momento in cui questi sono accertati. Ma alla base di questo percorso non potrà mancare la presa di coscienza del problema nei suoi termini reali. Perché illudersi che non ci sia, o che si possa eliminare con un colpo di spugna, equivale semplicemente a non affrontarlo.