
Le Linee Guida Nazionali per la Valutazione di Incidenza Ambientale VIncA, concepite con carattere ambivalente – ovvero da un lato interpretativo (aventi lo scopo cioè di recepire in modo univoco le indicazioni dei documenti emanati dall’UE) e dall’altro dispositivo (per rendere omogenea, a livello nazionale, l’attuazione dell’art 6, paragrafi 3 e 4 della Direttiva Habitat inerente Natura 2000) – sono frutto di un’azione di concertazione portata avanti dal potere esecutivo nazionale, in particolare dall’allora Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi MITE). Queste infatti derivano da specifica Intesa (ai sensi ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131) tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, siglata il 28.11.2019 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 303 del 28.12.2019 (19A07968) (GU Serie Generale n.303 del 28-12-2019).
A più di due anni dall’emanazione delle Linee Guida è legettimo chiedersi – con riferimento agli obiettivi legati al loro carattere dispositivo – quanti e quali siano gli enti territoriali che avendo firmato l’Intesa, hanno anche coerentemente provveduto ad aggiornare la normativa di loro competenza in materia di VIncA.
Se lo sono chiesto, producendo in risposta una rigorosa ed esaustiva ricerca, tre associazioni che da diversi punti di osservazione si occupano di ambiente: WWF, LIPU ed Associazione Analisti Ambientali. Detta ricerca è consistita sostanzialmente in una precisa ricognizione – con ultimo aggiornamento datato Dicembre 2021 – sullo stato di recepimento, da parte degli enti territoriali italiani, delle Linee Guida per la valutazione di incidenza VIncA. Il metodo impiegato nella redazione del report si è basato nel parallelo fra la normativa regionale e provinciale con le indicazioni date dalle Linee Guida, effettuato per mezzo di una lista di controllo.
I risultati – considerato soprattutto che le Linee Guida si sono rese necessarie in risposta alla procedura di indagine EU Pilot avviata, come preludio di una procedura di infrazione, nel 2014 dalla Commissione Europea sulla “Attuazione in Italia della Direttiva 92/43/CEE – non sono affatto incoraggianti. Al 31 Dicembre 2021 meno della metà degli enti territoriali aveva adottato le Linee guida nazionali e ancor meno lo avevano fatto in maniera pienamente conforme a quanto unanimemente concordato a livello d’Intesa. La maggior parte delle Regioni che invece non aveva ancora adottato le Linee Guida, aveva anche una normativa che si discostava (spesso significativamente) dalle posizioni espresse a livello nazionale sull’argomento. Per esattezza, soltanto 9 delle Regioni e Province Autonome avevano recepito quanto concordato al tavolo dell’Intesa Stato-Regioni-Province Autonome, di cui 7 integralmente (Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Umbria) e 2 soltanto in parte (Provincia autonoma di Bolzano e Liguria). All’inizio del corrente anno, ovvero al momento della redazione del report, anche le regioni Valle d’Aosta, Toscana, Sicilia e Calabria avevano formalmente recepito le Linee Guida.
Analizzato lo stato dell’arte, in questa sede sinteticamente riassunto ma per i cui dettagli si rimanda all’apposito documento tecnico (si veda link sotto), le tre associazioni chiudono la premessa del report in maniera laconica e al tempo stesso molto poco ottimistico: “Considerando che le Linee guida nazionali, come anche le corrispondenti europee, condensano le sentenze della Corte di giustizia europea riguardo alla gestione dei siti della rete Natura 2000, la non conformità alle Linee guida si traduce di fatto in una violazione delle direttive comunitarie sulla tutela degli ecosistemi e per la salvaguardia della biodiversità.“.
Il report aggiornato a Dicembre 2021 è consultabile cliccando qui.